Foto: Vue extérieure de Monte Oliveto Maggiore, ritagliata | Di Acer11 – Travail perso, CC BY-SA 3.0 | link |
L'11 luglio 2019, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha visitato l'abbazia di Monte Oliveto Maggiore per unirsi ai monaci nella celebrazione del 700° anniversario della fondazione del monastero. L'articolo di seguito è ristampato da L'Osservatore RomanoEdizione italiana per l'interesse dei nostri lettori.
Il cardinale Parolin a Monte Oliveto Maggiore nella festa di San Benedetto: faro e bussola nelle incertezze odierne
San Benedetto visse in un'epoca in cui il stabilità di bullone stava crollando e le istituzioni dell'impero romano si stavano affievolendo o trasformando rapidamente sotto l'effetto di molteplici fattori. Il suo merito fu quello di aver individuato "un'idea forte e attraente a cui aggrapparsi, per far fronte alla tempesta del vecchio mondo che stava tramontando e alle grida di quello nuovo che stava nascendo". Lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, durante la messa celebrata presso l'abbazia di Monte Oliveto Maggiore giovedì 11 luglio, festa liturgica del santo patrono d'Europa. La celebrazione commemorava i settecento anni dalla fondazione dell'arcidiocesi benedettina, che funge anche da casa madre della congregazione olivetana. Infatti, era il 1319 quando san Bernardo Tolomei, nel cuore delle Crete senesi dove il luogo chiamato deserto di Accona è noto per il suo aspetto lunare, iniziò la costruzione dell'abbazia 772 anni dopo la morte di san Benedetto. Insieme a Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini, vivevano già in comune dal 1313 e avevano scelto come loro forma di vita la Regola benedettina, dando vita alla congregazione di Monte Oliveto.
Dopo aver ringraziato l'Abate Generale Diego Gualtiero Rosa, il Segretario di Stato ha definito la Regola di San Benedetto come «una vera cattedrale di sapienza, fondata non sulla sabbia di facili emozioni o su impulsi generosi ma deboli o mal ponderati», bensì «sulla solida roccia di una fede robusta, temprata dall’esperienza e dalla pratica della pietà e delle virtù». Ciò consente di «cogliere i movimenti più sottili del cuore, le sue grandi e nobili possibilità e anche le sue aritmie e malattie, sempre in agguato se tralasciamo di prendere le medicine adatte dell’umiltà e della preghiera».
A questo proposito, il cardinale Parolin ha sottolineato come il santo di Norcia abbia lasciato, con la sua testimonianza di vita e la sua Regola, «qualcosa di grande, che suscita stupore per la finezza e la capacità di introspezione psicologica» e per il fatto che «almeno nei suoi fondamenti e nella sua struttura generale, essa non invecchia con il passare del tempo, ma resta una luminosa via di perfezione offerta alla nostra generazione e al nostro tempo». Simile al tempo di Benedetto, ha rilevato il cardinale, «il tempo odierno presenta convulsioni e sconvolgimenti, dove il vecchio sembra incrinarsi e nuove lotte emergono», e dove, proprio per questo, «cresce il desiderio di solidi punti di riferimento e di un po' di stabilità".
Infatti, ha aggiunto il celebrante, è necessario ancorare «gli incessanti mutamenti a una chiave che permetta di interpretarli e viverli con una buona disposizione all’impegno serio e assiduo, senza sottomettersi al fuoco fatuo di vuote illusioni o di fughe dalla realtà». La bussola che consente di navigare senza infrangersi sugli scogli è quella evidenziata da san Benedetto nella sua Regola: Nihil amori Christi praeponere, «l’amore di Cristo deve venire prima di tutto» (4.21). Questa, ha spiegato, è «la condizione necessaria e sufficiente per attraversare i cambiamenti restando stabili nella speranza, forti in mezzo alle tentazioni, vittoriosi sulle forze che vorrebbero spezzare e dissolvere». Non anteporre nulla all’amore di Cristo «significa interpretare ogni accadimento dell’esistenza alla luce del Vangelo, portando sempre con noi questa fiamma che riscalda e consola».
Il Figlio di Dio, ha sottolineato il cardinale, ha voluto «regnare servendo», e san Benedetto «si è fatto servo dei suoi monaci per condurli alla meta di essere un buon discepolo che diventa maestro e padre nella fede». Ha trovato «parole realistiche di verità, proponendo la sottomissione al giogo dolce e leggero del Signore per evitare il giogo triste, pesante e nefasto del mondo». Per ciascuno di noi, «non può esserci altra via che quella di mettersi nella sequela di Cristo, ancorando il cuore e la mente a Dio”, alla scuola della sua Parola, “con una buona disciplina di pensieri, parole e azioni, e una disponibilità che ci lascia sorprendere dalla Grazia di Dio”.
Per questo, abbiamo bisogno di accogliere il suo «sapiente disegno d’amore su di noi, sul prossimo, sulla Chiesa e sulla storia». Solo così, ha affermato il cardinale Parolin, sarà possibile «servire con purezza d’intenzione e diventare fonti attraenti di speranza».
Poi, rivolgendosi ai monaci, li ha definiti «un faro posto sulla montagna», come «una chiamata a una vita piena di senso perché dotata, e dotata perché ricolma di fede nel Cristo Risorto e perciò piena di pace, nonostante gli errori, i peccati, le miserie umane e i drammi della storia». Inoltre, ha aggiunto, essi rappresentano per il nostro mondo «una vera alternativa, un'oasi di refrigerio dagli elementi, e un segnale sicuro e potente lungo il cammino a volte confuso e tortuoso di tante persone che brancolano verso quella salvezza e quella felicità che potrebbero scoprire facilmente, se solo alzassero lo sguardo a Gesù e alla sua Madre Maria».
Da qui, l’esortazione si conclude come quel faro che «illumina la notte e ci aiuta a vedere il volto paterno e misericordioso del Signore». E in questo senso «preghiera, lavoro e studio siano come il ritmo del vostro respiro, una regola di vita autenticamente vissuta», ha suggerito il Segretario di Stato. Infatti, i monaci con la loro coerenza possono mostrare a tutti che «è possibile sconfiggere quella 'mondanità spirituale' tante volte segnalata da Papa Francesco «come uno dei pericoli più grandi».
L'Osservatore Romano, 12-13 luglio 2019 (edizione italiana, traduzione a cura della redazione di osb.org)